Settembre 2024
Perché devo mettere la felpa? Perché le foglie sono diventate gialle? Perché ho freddo? Perché…? Perché…?
Quante volte sentiamo pronunciare questa parola dai bambini? Per i genitori i tempi per uscire, per prepararsi, per andare a nanna, si dilatano. Tra i due e i tre anni, qualsiasi cosa succede i bambini pongono una o più domande che cominciano con un fatidico “perché”. E vi sento sospirare quando, dopo aver cercato una risposta di senso, arriva un altro perché e poi un altro ancora. E per ogni piccolo che rimane fermo in attesa, c’è un grande che vorrebbe prenderlo di peso per portarlo a scuola, o a casa dal parco o a fare le commissioni che incombono.
Ma qual è il modo migliore per soddisfare tutta questa curiosità che esplode in questo periodo della vita?
Il primo consiglio è quello di non sopprimere questo desiderio di conoscenza. Se si liquida la conversazione dando spiegazioni banali e non soddisfacenti, se si ignorano i quesiti, se chiediamo un po’ di silenzio rischiamo di far perdere l’entusiasmo della scoperta nei bambini.
Le domande sono alla base della ricerca scientifica e questo approccio alla vita è importante tanto da piccoli quanto da adulti. Interrogarsi sul mondo, sulle scelte che si fanno, su chi siamo e su cosa vogliamo, ci connette con noi stessi, ci aiuta a trovare la strada migliore.
Il secondo consiglio è di certo quello di non dare risposte troppo specifiche che concludono il discorso senza nessun margine di proseguire la propria esplorazione.
I bambini hanno bisogno di toccare e sperimentare sulla propria pelle, ovvero di fare esperienza dei fenomeni che li circondano. Se cadiamo nella tentazione di spiegare con una formula matematica che non sa interpretare, è vero che in quel momento si placa, ma è anche vero che, non capendo ciò che gli stiamo spiegando, è come se soffiassimo sulla fiammella della curiosità rischiando di spegnerla.
Sappiamo bene che i bambini sono molto intelligenti, un altro modo di non rispondere è inventare storie che possano spaventarli o che banalizzino la questione. Parlare di uomo nero o di mostri per spaventarli, parlare di bambini che vengono recapitati con le cicogne o che nascono sotto i cavoli perché l’argomento mette in difficoltà noi adulti, non è una soluzione vincente.
E se siete adulti curiosi, e me lo auguro con il cuore, vi chiederete, ma dopo tutta questa sfilza di cose da non fare, qual è il modo migliore per rispondere ad un bambino?
Spero di aver alimentato la vostra curiosità e anche di aver creato un po’ di suspense!
Se nell’immediato non possiamo rispondere perché non è il momento adatto di mettere in piedi un esperimento, diciamo: oggi, dopo la scuola andiamo a capire insieme che cosa sta succedendo agli alberi. E se è una promessa ci prendiamo il tempo di capire che cosa sia l’autunno.
Se è un argomento che neanche noi sappiamo bene come spiegare, perché raccontare che cosa succede tra una mamma e un papà quando arriva un fratellino, è difficile, cerchiamo un albo illustrato, o un libro adatto all’età dove leggiamo e scopriamo insieme come nascono i bambini.
Se frequenta il nido o la scuola dell’infanzia, possiamo proporre di chiedere insieme, genitore e bambino, all’educatrice di poter discutere anche con gli altri bambini di uno specifico argomento.
In questo modo, non siamo noi a rispondere alle domande, ma sono loro stessi a trovare le proprie conclusioni, creiamo in loro il desiderio di avere una propria idea e un proprio pensiero sul mondo e su se stessi. Più rafforziamo il senso di ricerca in loro, più li rendiamo consapevoli e capaci, un ottimo modo perché abbiano stima di sé.