Gennaio 2023
È davvero emozionante trovarmi davanti a questa pagina bianca per raccontarvi Microstorie, il nostro progetto. Il primo editoriale del nostro sito. Ho tanti pensieri e tante frasi in testa che sto cercando di riordinare, il miglior modo per farlo è di certo cominciare dal significato di Microstorie.
Microstorie, what?
È un termine che viene usato nel Reggio Approach, un approccio che nasce a Reggio Emilia grazie a Loris Malaguzzi. Avremo di certo modo di approfondire che cos’è con il tempo, poiché, mi sento di poter parlare anche a nome di Francesca, è il nostro modo di fare educazione, ciò che sentiamo più affine, basato sulle esperienze e sull'insegnare ai bambini, ma anche agli adulti, a porsi domande su ciò che si vive.
Le Microstorie sono una modalità con cui le educatrici documentano il fare del bambino. Sì, usciamo dalla logica degli schemi e delle tabelle di valutazione per i bambini dello 0-6. O meglio, un’educatrice attenta saprà, attraverso le parole di una storia o gli scatti di una sequenza fotografica, dare voce a quelli che sono gli apprendimenti dei bambini che sta osservando.
Aveva senso dare questo nome al nostro progetto, perché ad entrambe piace raccontare, soprattutto attraverso la scrittura e ritrovare in quelle pagine delle parti fondamentali del nostro vissuto per rielaborarle e farne esperienza.
Ecco, già mi sto dilungando troppo e ancora ci sono un sacco di curiosità che voglio raccontarvi su Microstorie.
Microstorie, when?
Era il 2020, e se è vero che hanno chiuso gran parte delle attività lavorative, se è vero che per strada c’era un silenzio tombale, se è vero che la sera si cantava sui balconi, e se è vero che si facevano le code al supermercato, la prima cosa che le istituzioni competenti hanno chiuso sono state le scuole. Sì, le scuole si sono dovute reinventare. E non si poteva neanche lavorare in smartworking, perché sia io che Francesca lavoravamo in servizi 0-6. Quindi niente lezioni online, niente bigliettini attaccati agli schermi dei computer, niente camerette di adolescenti sugli sfondi. Ci inventavamo piccole brochure per dare qualche idea ai genitori per tenere impegnati i bambini, piccoli videotutorial su come creare il Didò in casa, o audio con le canzoni che abitualmente si cantavano al nido.
Microstorie, why?
Dopo l’ennesimo lockdown, dopo le molte aperture e chiusure a causa dei contagi dentro nelle sezioni. Il mondo della scuola ha cominciato a starci stretto. Spaziavano in lungo e in largo notizie di genitori affaticati dal dover tenere a casa i bambini, e insegnanti troppo legati alla scuola tradizionale. Senza contare tutto l’aspetto della socialità e delle relazioni, del contatto tra bambini e tra i ragazzi, che ha di certo potenziato l’utilizzo dei mezzi di comunicazione digitale senza però conoscere quelle che possono essere le conseguenze di tutto ciò.
Microstorie, where?
Come ho detto poco prima i contatti erano esclusivamente attraverso i dispositivi tecnologici, quindi Microstorie, ce lo siamo inventate su FaceTime, e abbiamo scelto di cominciare da Instagram, perché nei periodi di quarantena, non guardavi più le storie degli amici che facevano festa, ma più che altro cercavi qualcosa che non ti annoiasse, ma che potesse in qualche modo o istruirti e darti delle nuove idee, oppure divertiti. In modo leggero e informale abbiamo messo sulla nostra bacheca qualche pillola di conoscenza che potesse sostenere i genitori, dare degli spunti alle insegnanti, e perché no, anche raccontare delle nostre vite.
Microstorie, who?
Raccontare di noi, della nostra professione, perché Microstorie non vuole essere solo una pagina Instagram, ma vuole offrire dei servizi.
Ma qui, la questione diventa lunga da spiegare e son certa che se avete voglia di navigare un po’ nel nostro sito scoprirete anche le storie di Giulia e Francesca, e non solo quella di Microstorie.